The Loom: quando il telaio lascia spazio alla cultura
Testo dell’intervista con Lorenzo Tempestini di Pratosfera il 10 ottobre 2013
Articolo originale:
http://www.pratosfera.com/10/10/2013/the-loom-sara-nesti/
Là dove c’erano i telai ora c’è un centro culturale. Si chiama “The Loom” (“Il telaio”, in inglese ndr.) ed è attivo in via Cortesi al numero 20 da un anno. A gestirlo la coreografa e danzatrice pratese Sara Nesti. Da sabato 12 ottobre, per due fine settimana, avrà luogo la rassegna “Tramarada – Intrecci teatrali” che darà il via alle attività 2013/2014 dello spazio. Abbiamo incontrato Sara Nesti e ci siamo fatti raccontare cosa accadrà.
Come è nato questo spazio?
Questo capannone è sempre appartenuto alla mia famiglia, è stato costruito dai miei nonni nel dopoguerra e ci sono stati per decine di anni, da buoni pratesi, i telai. Io sono cresciuta qui dentro. Quando mio padre ha chiuso il lanificio, questo posto è rimasto chiuso e mi faceva un po’ tristezza non sfruttarlo. Io che ero un po’ raminga per le mie iniziative e mi dividevo tra vari spazi sul territorio, ho lanciato l’idea di rivalorizzare e far rinascere questo posto. Quindi ho coinvolto due mie allieve Elisa Bardazzi e Virginia Gradi e l’abbiamo risistemato. L’anno scorso è stato un anno di prova, questo anno abbiamo dei bei progetti.
La rassegna teatrale parte sabato 12 con 4 appuntamenti. Poi cosa ci sarà?
La rassegna durerà due fine settimane, con quattro spettacolo (uno il sabato, uno la domenica) che vedranno coinvolti tanti artisti pratesi. Durante il resto dell’anno cercheremo di fare un evento al mese aperto al pubblico e poi facciamo formazione. Quindi verranno organizzati corsi di danza e movimento, di yoga e laboratori a vari livelli aperti a tutti. Quest’anno verrà Paola De Vera e Pio Campo, due famosi esponenti italiani della danzaterapia, ed alcuni coreografi anche a livello internazionale. Vorrei che “The Loom” diventi per la città, ma non solo, un punto di riferimento per quanto riguarda lo studio del movimento, della salute attraverso il corpo e dell’espressione.
E’ una scelta quella di chiamare per la rassegna artisti locali?
Si. Perché penso che in questa città ci sia una realtà fervente, culturalmente parlando. Sotto tutti i punti di vista: musicale, teatrale e comunque artisticamente parlando. Più insegno e conosco giovani, e più mi rendo conto della meraviglia di questo fermento, un fermento che neppure una città come Firenze ha. Prato, per quanto sia una città con tutti i suoi provincialismi, ha dei punti di meraviglia incredibili che noi pratesi non riusciamo a vedere. Io sono sposata con un irlandese, ed è stato lui a insegnarmi a vedere la città sotto un altro punto di vista. La sua prima impressione, appena l’ha un po’ conosciuta è stata paragonarla a Londra. Soprattutto per la multietnicità.
Sei d’accordo con lui?
Io più che a Londra, Prato la paragonerei alla Manchester degli anni ’80. Ne trovo tante somiglianze: una grossa crisi tessile che ha colpito questa piccola città, tanti stranieri (all’epoca erano più che altri indiani) che vengono ad abitarci. Una forte crisi industriale, dicevo, dalla quale è nato e venuto fuori, un fermento culturale che faceva invidia alla grande e vicina Londra.
Esistono gli spazi per sviluppare questo “fermento”?
Gli spazi ci sarebbero, solo che non è facile accedervi, forse. E’ per questo che magari chi può trovare uno spazio suo, se lo sistema e se lo crea. Io collaboro con Officina Giovani, uno dei luoghi meravigliosi di Prato, che, secondo me, potrebbe avere un’identità maggiore nelle cose che propone. Fanno tantissime cose, il fatto però di avere una rassegna che è un grande “calderone” che comprende di tutto e non identifica nulla, crea per il pubblico un po’ di disorientamento, forse. Secondo me sarebbe necessario creare una connessione tra questi luoghi che stanno nascendo e creare una rete undreground, che prescinde dal, passatemi il termine, “sistema ufficiale”, perché è da lì che viene il cambiamento. La storia ce lo insegna. E sento che tra queste realtà se ne sente il bisogno e ne stiamo già iniziando a parlare.